Il 1995 è stato dichiarato dall'Italia "Anno Marconiano", per dare risalto al centenario del primo esperimento effettuato dal celebre inventore Guglielmo Marconi, premio Nobel per la fisica. Molte le celebrazioni commemorative in programma per l'occasione, ma certamente gli appassionati di mare non possono dimenticare l'incredibile trascuratezza dei nostri governanti che non sono riusciti a conservare l'ELETTRA, "nave laboratorio" del celebre senatore, tagliata invece in tanti pezzi, poi dispersi in località diverse del nostro paese per accontentare tutti e nessuno. In Italia purtroppo non c'è una cultura marinara forte come in altri paesi, dove con delle sottoscrizioni anche volontarie è stato possibile recuperare importanti "cimeli"; come per esempio in Francia dove in poco tempo sono stati raccolti i fondi per acquistare la nostra nave scuola "GIORGIO CINI", di costruzione francese, che ora naviga superba nei mari di Bretagna con il "BELEM". Certamente però i nostri politici hanno perso l'occasione di creare una nave-museo (vedi il CUTTY SARK a Greenwich, il VICTORY a Portsmouth, il CONSTITUTION a Boston, il FRAM ad Oslo, ecc.) polo d'attrazione per raccogliere la storia di Marconi e della radio, invenzione che ha completamente rivoluzionato la navigazione, la vita e la sicurezza di uomini e mezzi in mare.
A diciotto anni Marconi ha dato inizio alle
ricerche ed agli esperimenti di
trasmissione delle onde
"hertziane", intuendo la
possibilità di invio a distanza di
messaggi intelligibili senza l'impiego di
fili, come richiedeva invece il telegrafo;
dopo alcune prove in laboratorio a
Pontecchio, nell'estate del 1895 riuscì a
trasmettere la lettera "S", in
alfabeto morse, ad una distanza di 1,5
Km... era iniziata l'era della radiofonia.
Ma "nemo profeta in patria":
Marconi infatti non venne preso in
considerazione dal competente ministero
italiano e quindi l'anno successivo si
trasferì in Inghilterra, patria della
madre; qui trovò gli appoggi per
proseguire gli esperimenti trasmettendo a
distanze sempre maggiori ed ottenendo
quindi il primo brevetto - inglese - per
la telegrafia senza fili. Nel 1897 fondò
la prima società marconiana, la Marconìs
Wireless Telegraph Company, che fabbricava
gli apparecchi trasmittenti e riceventi e
istruiva i tecnici per l'istallazione
delle stazioni radiotelegrafiche, sempre
più numerose sia a terra che sulle navi.
Da quel momento ha avuto inizio
un'escalation di successi incredibili: il
12 dicembre 1901 i segnali scavalcano
l'Atlantico giungendo a Saint John
sull'isola di Terranova, da Poldhu in
Cornovaglia; nel 1909 Marconi riceve il
premio Nobel per la fisica; nel 1912 gli
SOS inviati dal TITANIC consentono di
salvare centinaia di naufraghi; nel 1930
da bordo dell' ELETTRA ancorata a Genova,
lo scienziato accende le luci del
municipio di Sydney.
La definizione data da D'Annunzio all'ELETTRA
- candida nave che navigava nel miracolo e
animava i silenzi - calza ottimamente con
la realtà; insieme casa e laboratorio per
Guglielmo Marconi, questo splendido
panfilo bianco al quale l'umanità intera
deve molto era infatti noto in tutto il
mondo.
Lo yacht venne ordinato dall'Arciduca
d'Austria Carlo Stefano, ufficiale dell'I.
R. Marina, al Cantiere Ramage &
Ferguson Ldt. di Leith in Scozia ed il
progetto fu affidato agli ingegneri Cox e
King di Londra, che disegnarono un
elegante scafo dalle linee filanti, prua
slanciata in avanti a klipper con
bompresso e poppa stretta e rotonda; in
coperta una lunga tuga centrale in mogano
e teak, sormontata da un fumaiolo
leggermente inclinato verso poppa e due
alberi armati con rande, come era
abitudine dell'epoca.
Lo yacht, varato il 27 marzo 1904 col nome
di ROVENSKA, a ricordo della località
(sull'isola di Lussino) dove l'arciduca
aveva una lussuosa villa in cui
solitamente abitava, venne intestato alla
moglie, l'arciduchessa Maria Teresa, ed
iscritto al k.u.k. Yacht- Geschawader,
battendo quindi bandiera della Marina da
guerra fino al 1909.
Sempre con lo stesso nome nel 1910 lo
yacht venne acquistato da Sir Max Waechter
- passando sotto bandiera inglese -, e nel
1914 fu rivenduto a Gustavus H.F. Pratt.
Con lo scoppio della grande guerra lo
yacht fu militarizzato e trasformato in
nave da pattuglia e scorta, e quindi
impiegato nella Manica, tra l'Inghilterra
ed i porti di Brest e Saint Malò.
Cessate le ostilità il ROVENSKA fu messo
in disarmo a Southampton e messo all'asta,
così nel 1919 - per 21.000 sterline -
Guglielmo Marconi poté acquistarlo.
Sottoposta a notevoli lavori di
risistemazione la nave venne quindi
riclassificata e, ancora sotto bandiera
inglese, salpò da Londra nel luglio 1919
al comando del comandante Raffaele Lauro,
giungendo a Napoli in agosto. Lo yacht fu
poi portato a La Spezia per essere
trasformato in nave-laboratorio sotto la
direzione dell'ammiraglio Filippo Camperio:
a bordo vennero infatti sistemate
trasmittenti e riceventi, nonché alzati
gli alberi per le antenne.
Marconi voleva disporre di un mezzo che
gli consentisse di effettuare ricerche e
relativi esperimenti nel miglior modo
possibile: era nata l'ELETTRA, una
stazione mobile, su cui poteva lavorare ad
ogni ora del giorno in raccoglimento ed
isolamento, indipendente da curiosità e
distrazioni di sorta, con notevole facilità
di spostamento, risolvendo così problemi
di portata e di effetti direzionali. Le
sue esperienze dovevano essere effettuate
a distanze diverse in modo da controllare
l'efficacia delle trasmissioni secondo la
lontananza tra emittente e ricevente; per
maggiore comodità il laboratorio venne
collegato direttamente con la cabina dello
scienziato.
L'arredamento di bordo era consono alle
esigenze di lunghi soggiorni ed adatto ad
ospitare illustri ospiti per necessità di
rappresentanza; tra questi ricordiamo re
Vittorio Emanuele III, re Giorgio V
d'Inghilterra ed i Sovrani di Spagna.
Oltre all'armatore, la nave era in grado
di ospitare comodamente sei ospiti, nonché
sei ufficiali, sei sottufficiali e
diciotto marinai.
Iscritta col nuovo nome di "ELETTRA",
il 27 ottobre 1921 , al compartimento
marittimo di Genova (numero di matricola
956) e quindi al Real Yacht Club Italiano,
il passaggio definitivo sotto bandiera
italiana venne formalizzato in data 21
dicembre.
Nell'aprile del 1920 mentre il panfilo
navigava nel golfo di Biscaglia gli ospiti
di bordo, grazie alla trasmissione dalla
stazione broadcasting Marconi di
Chelmsford, per la prima volta poterono
sintonizzarsi per sentire via radio
l'orchestra dell'Hotel Savoy di Londra,
quindi il concerto del soprano Melba al
Covent Garden: la "radio" era
una realtà. L'invenzione della valvola
termoionica di Fleming, suo collaboratore,
gli consentì infatti la realizzazione
della "radio" come oggi la
conosciamo.
Gli esperimenti proseguirono per
raggiungere traguardi ancora più
concreti. Marconi non aveva dimestichezza
con le formule, la sua era una mente
intuitiva e pratica, che lo spingeva a
tentare quello che gli accademici
ritenevano impossibile: inviare segnali
nello spazio tra punti non visibili fra
loro. L'ELETTRA divenne fucina di studio
per le migliori applicazioni delle onde
hertziane corte e cortissime, consentendo
il continuo progresso delle
radioco
Nel 1922 L'ELETTRA svolse una campagna di
esperimenti nel Nord America, nel 1923
lungo la costa occidentale dell'Atlantico
per sperimentare le ricezioni a distanze
sempre maggiori della nuova stazione su
onde corte a fascio di Poldhu
(Cornovaglia). Marconi dimostrò così che
un segnale poteva essere captato ad oltre
4000 chilometri con trasmissione a potenza
ridotta: onde di 92 metri con potenza di 6
Kw.
Per conto del Governo inglese, nel 1924 lo
scienziato iniziò sull'ELETTRA gli
esperimenti con onde corte di 36-60 metri,
con una potenza di 12 Kw, coprendo la
distanza di 4130 kilometri. Vennero quindi
realizzati i collegamenti radio normali ad
uso pubblico tra l'Inghilterra ed i suoi
"domini": il Canada (24 ottobre
1926), l'Australia (8 aprile 1927), il Sud
Africa (5 luglio 1927), l'India (6
settembre 1927). Gli importanti risultati
raggiunti a bordo dell'ELETTRA fruttarono
tra l'altro un ricco contratto tra il
Governo e la sua Compagnia. Inventore
delle società multinazionali, Marconi
possedeva un notevole senso degli affari
rivelandosi infatti anche grande capitano
d'industria e diceva: "Il denaro è
un'unità di misura. Chi non si fa pagare
non sa misurare il prodotto del proprio
lavoro".
Nel gennaio del 1930 vennero imbarcati
nuovi apparecchi con soluzioni
d'avanguardia nella radiofonia a grandi
distanze ed il 26 marzo successivo, alle
ore 11,03, avvenne il
"miracolo": dall'Elettra
ancorata a Genova presso lo Yacht club
italiano, per mezzo del piccolo tasto,
conservato oggi al Museo del mare di
Trieste, Guglielmo Marconi inviava
nell'etere gli impulsi che, dopo 14.000
miglia, giungevano in Australia per
accendere le lampade del Municipio di
Sidney! L'esperimento è stato
recentemente ripetuto dal Presidente della
Repubblica Luigi Scalfaro a Genova -
questa volta con il laser - proprio per
celebrare a 65 anni di distanza il
"genio" di Marconi.
Lo scienziato era inesauribile e nel 1931
iniziò gli studi sulle microonde della
gamma inferiore al metro, effettuando gli
esperimenti tra S. Margherita Ligure e
Sestri Levante. Così nel 1932 fu
realizzato il collegamento tra S.
Margherita e l'ELETTRA e successivamente
quello col radiofaro di Sestri, mediante
onde di 63 centimetri; si stabiliva così
la possibilità per una nave di accedere
ad un porto in qualsiasi condizione
atmosferica, valendosi della rotta segnata
dal radiofaro.
Uno degli ultimi esperimenti a bordo dell'ELETTRA
avveniva nel luglio del 1937 con la messa
a punto del radiofaro a micro-onde; ma il
20 luglio 1937 Guglielmo Marconi moriva,
lasciando ancora incompiuti i suoi studi,
ma all'umanità una via ben tracciata per
il progresso della comunicazione.
Marconi, resosi conto delle sue precarie
condizioni, temeva per la conservazione
della "sua" ELETTRA, ma nel 1937
la nave-laboratorio fu acquistata per
820.000 lire dal Ministero delle poste e
telecomunicazioni che ne voleva garantire
la conservazione. La Soc. Marconi italiana
donava poi allo Stato, in occasione del
primo anniversario della sua scomparsa,
gli impianti di R.T. che erano a bordo del
panfilo.
Nel 1939 l'ELETTRA veniva portata
nell'Arsenale marittimo di La Spezia per
lavori di ripristino e di riclassifica;
nell'imminenza dell'entrata in guerra
dell'Italia fu trasferita a Trieste,
considerata città sicura da incursioni
nemiche, giungendovi il 9 giugno 1940; qui
fu custodita dalla S. p. A. di navigazione
Italia fino all'8 settembre del 1943;
successivamente il panfilo venne requisito
dai tedeschi, inviato in cantiere per
essere trasformato in unità di impiego
bellico prima con la sigla "G.
107" e quindi "N.A. 6" ed
armato con due mitragliatrici binate da 20
mm ed una da 15 mm. Inutili risultarono le
molte proteste italiane; venne concesso
unicamente di sbarcare le apparecchiature
radio ed i materiali utilizzati da Marconi
per i suoi esperimenti grazie anche al
tacito appoggio del capitano Zimmermann
della Kriegsmarine, che si rendeva conto
della loro importanza storica. Tale
materiale venne poi imballato ed occultato
dal professore Mario Picotti, che temeva
un successivo sequestro dei cimeli
marconiani, riuscendo così a celarli in
19 casse in posti diversi ma sicuri della
città anche nei giorni di occupazione
delle truppe nel 1945; nel 1947
quasi tutto fu spedito al Museo della
scienza e della Tecnica di Milano.
Il 28 dicembre del 1943 l'ELETTRA partì
da Trieste in missione di pattuglia e
scorta lungo le coste della Dalmazia. La
sera del 21 gennaio 1944 la nave giunse
nella valle di Diklo, vicino a Zara,
ormeggiando e forse restando incagliata;
fatto sta che la mattina successiva i
ricognitori aerei l'individuarono e quindi
giunsero i cacciabombardieri alleati che
centrarono la nave con le bombe e la
mitragliarono: l'ELETTRA si adagiò
tristemente sul basso fondale, restando in
parte emersa. Da quel momento fu oggetto
di continue "visite", con conseguente
asportazione di tutto il
materiale che poteva essere sottratto e
quindi ridotta a "nudo" relitto,
che in base al trattato di pace divenne
proprietà della Repubblica Iugoslava. I
resti dell'ELETTRA andavano sempre più
deperendo anche per l'asporto delle parti
metalliche, ma ancora impossibile
risultava un accordo con la vicina
Repubblica per il recupero della nave,
nemmeno facendo leva sul valore morale che
tale imbarcazione aveva per gli italiani.
Solo nel 1959 la Iugoslavia permise dei
rilievi tecnici sulle possibilità di
recupero della nave, consentendo poi la
restituzione senza contropartite, grazie
all'intervento diretto del maresciallo
Tito su sollecitazione dell'allora nostro
Ministro degli esteri Segni.
Nel 1962 l 'ELETTRA fu quindi riportata a
galla e rimorchiata alla banchina del
Cantiere S. Rocco di Muggia, presso
Trieste; tutto sembrava procedere al
meglio per ridare dignità a questa
nave... ma l'aspettava ancora una tragica
fine!
Il Ministero delle poste e
telecomunicazioni fece predisporre uno
studio per la ricostruzione della nave:
l'Ufficio tecnico della Navalgenarmi di
Monfalcone, eseguiti i rilievi dettagliati
dello scafo, presentò nel novembre del
1962 un progetto ed una specifica di
lavori per la ricostruzione integrale del
panfilo - almeno nell'aspetto esteriore
come era all'epoca di Marconi - del
laboratorio e dell'appartamento del
Senatore. Era prevista la sua riclassifica
come nave navigante con motore diesel da
400 CV, prevedendo il completo rifacimento
del fasciame dell'opera morta, delle
strutture di prua e del trincarino dei
bagli di coperta e delle paratie
trasversali e longitudinali della nave. I
preventivi di spesa erano pesanti ed
iniziarono polemiche a non finire con
soluzioni diverse per la nave, senza però
tener conto della realtà oggettiva dello
stato dello scafo. Per dieci anni vi
furono solo polemiche e la ruggine
frattanto camminava e corrodeva; mentre si
avvicinava il centenario della nascita di
Guglielmo Marconi (1974) vi fu un
risveglio di interessi per la nave anche
all'estero, sollecitato soprattutto
dall'ammiraglio Virgilio Spigai,
Presidente del Lloyd Triestino,
intervenuto presso il Presidente del
Consiglio dei ministri on. Andretti, che
prometteva il suo interessamento.
Nell'ottobre 1972 a villa Grifone di
Pontecchio veniva dato l'annuncio
ufficiale della ricostruzione dal
Direttore generale delle Poste e
telecomunicazioni, a seguito dello
stanziamento apposito di 2 miliardi e 400
milioni. L'anno successivo l'Arsenale
triestino - San Marco veniva incaricato di
mettere il relitto in bacino per iniziare
i rilievi e prendere le opportune
decisioni definitive. Non disponendo
dell'originale venne così ricostruito il
"piano di costruzione" della
nave e furono effettuati tutti i controlli
sullo scafo sotto la direzione dell'ing.
Oddo Oddone. Si giunse alla conclusione
dell'impossibilità di rendere la nave
ancora navigabile, date le norme
internazionali di sicurezza che ne
avrebbero modificato l'aspetto esterno;
era invece possibile una sua ricostruzione
originale come "galleggiante",
senza propulsione propria, da spostare al
traino. Non era però possibile per lo
stato avanzato della corrosione utilizzare
molto della vecchia Elettra, per cui
risultava più conveniente ricostruire la
nave a strutture saldate per mantenere
inalterato l'aspetto esterno.
Il nuovo progetto e relativo preventivo di
lavori (7 miliardi circa) superava però
ampliamente quanto in precedenza stimato e
stanziato dal Governo per cui - dato che
poco sarebbe stato utilizzato della
vecchia Elettra - tutto si bloccò
nuovamente ed il progetto fu accantonato e
decisa invece la demolizione!
Il 18 aprile 1977 il relitto venne di
nuovo messo in bacino e sotto la direzione
dell'ing. Oddone del Ministero, con la
consulenza dello scultore Marcello
Mascherini e di un architetto lo scafo
venne tagliato in varie porzioni; si
cercava così di accontentare tutti e
nessuno, disperdendo parti della nave nei
vari posti d'Italia, opera che non è
ancora terminata!
Vediamo ora dove sono finiti i diversi
pezzi dello scafo ed i cimeli dell'Elettra:
ROMA-FUCINO: Il blocco poppiero
comprendente anche l'elica ed il timone è
stato inviato a Telespazio a Fucino ed è
sistemato nella Piana del Fucino.
ROMA: al Museo delle poste e
telecomunicazioni c'è la dinamo a vapore.
All'EUR invece è stata ricostruita la
cabina in cui lo scienziato aveva
effettuato i suoi esperimenti.
PONTECCHIO MARCONI: la sezione
trasversale costituita da sei ordinate è
stata sistemata nel giardino della Villa
Grifone di Pontecchio, sede della
Fondazione Marconi.
MILANO: al Museo nazionale della
scienza e della tecnica sono conservate
gran parte delle apparecchiature di bordo.
VENEZIA: l'impianto propulsivo
costituito dalla macchina alternativa e
dalle caldaie è conservato nelle sale del
Museo storico navale di Venezia.
TRIESTE: all'entrata del Museo del
mare è sistemata la sezione trasversale
centrale della nave, costituita da due
ordinate, unitamente all'ancora. Nella
sala dedicata a Marconi alcune
apparecchiature tra cui l'ecometro, alcune
valvole ed il tasto con cui lo scienziato
trasmise l'impulso per accendere le luci a
Sidney.
A Padriciano, vicino a Trieste, in
una palazzina dell'ex campo profughi sono
stati recentementi trasferiti gli alberi
della nave, prima nel castello di S.
Giusto in un ambiente troppo umido. L'alberetto,
ottimamente restaurato dall'artigiano Aldo
Franceschini, è stato adibito da poco ad
alzabandiera nel piazzale antistante l'International
marittime academy di Trieste.
Resta ancora in Arsenale S. Marco tutta la prua - circa 8 metri di altezza
per 19 di lunghezza - destinata alla città,
ma che non ha ancora trovato adeguata
collocazione.
SANTA MARGHERITA LIGURE: una parte
dello scafo è alla Villa Durazzo.
Ed inoltre un pezzo della fiancata è
conservato come monumento presso il Palazzo
delle poste di Mestre, mentre a
Muggia la "Fameia muiesana" conserva il tornio di bordo, ben ripulito.
Una piccola sezione di scafo è presso il
Circolo Marconi di Sidney ed ancora
singoli piccoli pezzi sono sparsi in altre
località.
L'ultimo aiuto per la conservazione dei
cimeli marconiani si deve a Fulvio
Anzellotti, amministratore delegato della
VN SpA Veneziani, che ha fornito il
trattamento completo (speciali preparati
trasformatori di ruggine per lo scafo e
Resina 2000 per impregnare e proteggere il
legno e quindi su entrambi i materiali la
protezione trasparente Wood Gloss) per la
conservazione degli alberi e della prua
dell'Elettra.
Certamente non molti forse oggi hanno
presente l'importanza dell'ELETTRA nella
storia navale, ma questa nave laboratorio
ha consentito a Guglielmo Marconi di
rivoluzionare " l'andar per
mare". Il 12 dicembre 1901 il
telegrafo senza fili di Marconi collegava
la sponda europea con quella americana
dell'Atlantico, superando la
"montagna d'acqua" di 250
kilometri costituita dall'Oceano nonchè
la curvatura del globo. Nel 1912 il
naufragio del TITANIC impose agli occhi
del mondo la straordinaria utilità della
sua invenzione; solo grazie alla radio
infatti i 706 superstiti della tragedia
poterono essere soccorsi in tempo e
salvati. Da quel momento l'SOS ne ha fatta
di strada, garantendo sicurezza in mare in
ogni punto della terra.
La radio ha poi consentito anche un
diverso impiego delle stesse imbarcazioni
nei traffici commerciali: ancora nel
nostro secolo infatti una nave partiva per
la sua destinazione e non poteva ricevere
comunicazioni fino al suo primo scalo e
non sempre attuali. Con le prime stazioni
radio è stato quindi possibile
indirizzare le imbarcazioni dove c'erano
richieste per il trasporto di carichi,
rendendo tutto più veloce ed economico.
Si è poi arrivati a guidare le
imbarcazioni nelle entrate nei porti
tramite i radio fari anche in condizioni
di non visibilità; più tardi si arriverà
al radar.
Certamente è per questi motivi che il
"Times" di Londra definì
Guglielmo Marconi, che ricevette quindici
lauree ad honorem e fu nominato senatore e
Presidente del Consiglio nazionale delle
ricerche e dell'Accademia d'Italia,
"l'uomo più significativo della
nostra epoca" e l'ELETTRA era per
tutti i popoli il simbolo del progresso
sul mare. Purtroppo per incapacità non
siamo stati in grado di far sì che questo
simbolo divenisse una testimonianza
perpetua!
Piroscafo ad 1 elica e 2 alberi
Cantiere di costruzione: Ramage &
Ferguson Ldt - Leith (Inghilterra)
Anno costruzione: 1904
Lunghezza fuori tutto: 67,40 metri
Lunghezza del ponte: 198' (60,35 m)
Lunghezza tra le perpendicolari: 56,36 m
Lunghezza al galleggiamento: 184' (56,08
m)
Larghezza massima fuori ossatura: 8,38 m
(27'6")
Altezza al ponte di coperta: 5,18 m (17')
Immersione a pieno carico: 5,00 m
Macchina: Ramage & Ferguson Ltd -
Leith - a vapore a triplice espansione e 3
cilindri.
126,9 5 Cavalli nominali e 1000 Cavalli
indicati.
Capace di imprimere una velocità di 12
nodi.
2 caldaie monofronti Ramage &
Fergusson Ldt
Tonnellaggio di stazza netta: 232,18 t
Tonnellaggio di stazza lorda: 632, 81 t
Dimensioni di stazza: 63,40 x 8,31 x 4,96
metri
Nominativo: I B D K - Itl.
Iscritto al compartimento marittimo di
Genova - N° Matricola: 956
Classificazione: 100 A. 1.1. Navigazione:
lungo corso
Ultimo armatore: Ministero delle
comunicazioni - Direzione poste e
telegrafi - Roma.